In collegamento con lo spunto numero 5 questa riflessione dovrebbe aprire mille altre dentro la nostra testa, dentro il nostro cuore.
Diamo sempre troppo poco
Bisogna prepararsi per tempo al momento in cui il figlio si staccherà del tutto dal grembo familiare. E’ nato per quel distacco. L’educazione è un prepararlo a partire. Per questo c’è un fondo doloroso nel mestiere di genitore. Credo, anche per questo, che un uomo non possa limitarsi a `vivere per i figli’, secondo il classico elogio che si trova scritto in molte pietre tombali. Un uomo deve avere un lavoro da amare, passioni, idee in cui crede: sono la sua forza, quella che gli permette di affrontare la vita con i figli senza troppa angoscia. Senza angoscia del tutto, non è possibile. Che altro potrei dire d’aver imparato? Che dai figli è meglio ottenere la stima che il rispetto: meglio la solidarietà che la gratitudine. Che l’affetto è un ben povero educatore, se non si nutre di riflessione, vorrei dire addirittura di scienza. Che i figli non si capiscono una volta per tutte, ma bisogna continuare a studiarli, bisogna poter confrontare le proprie conclusioni con quelle degli altri. Che per quanto diamo loro, a essere appena appena un po’ severi con noi stessi, scopriamo che diamo sempre troppo poco.
Diamo troppo poco non si riferisce assolutamente a qualcosa di materiale, potremmo dire che siamo dentro il tempo dell’eccesso, tanto materiale e forse poca considerazione della reale possibilità di essere vicini nella distanza necessaria. Qui rodari gioca con le parole come del desto ha amato fare tutta la vita. Nell’epoca in cui traspare una fatica a utilizzare scientemente le parole, a metterle al posto giusto dando il corretto significato, pensare alla stima, alla solidarietà, alla scienza non può che farci bene.