Caro Pierluigi,
doveva essere un’intervista importante. Volevo fartela per la rivista Conflitti di cui sono vicedirettrice.
Chi più di te avrebbe potuto raccontare l’esperienza lunga tutta una vita, il lavoro sulle barricate, come solevamo dire; la fatica di tenere sempre alto un testimone, la bandiera arcobaleno che ha sempre svettato sul tuo Centro e anche oggi svetta sulla tua tomba.
Non siamo riusciti a farla questa intervista, ti dovevo chiamare attorno a metà maggio per impostare il lavoro. Troppo tardi, non ce l’abbiamo fatta.
Avevo tante cose da chiederti di condividere con i nostri lettori, tu persona schiva e silenziosa, quando c’era da tuonare sapevi farlo. In questo assomigliavi all’altro nostro friulano operatore di pace, quel Padre Turoldo che più volte hai chiamato a testimoniare a Zugliano.
Ma non posso permettermi una lettera intima, non sulle pagine di questa rivista.
Mi piace ricordare la tua nascita a Tualis (UD) nel 1947. Uomo carnico hai sempre ricordato le tue montagne, le nostre montagne. Quella passione ci ha sempre accomunato ma tante volte le nostre vite si sono intrecciate a partire dalla militanza nelle ACLI Regionali, i progetti sulla pace e la nonviolenza sfociati in lunghissime marce la più nota di tutte alla base NATO di Aviano. La marcia della pace a Zuglio carnico la notte di Capodanno, una testimonianza che andava contro i rigori dell’inverno, non c’è stato anno che tu l’abbia saltata, bisogna testimoniare con ogni tempo e in ogni situazione. Questo ce lo hai sempre ricordato. E poi la fondazione del Centro Balducci. Anche in questo caso c’è una cosa che ci accomuna: il 1989. Cade il Muro di Berlino, tu fondi il centro Balducci, Daniele Novara fonda il CPP e io mi trovo dentro entrambe le esperienze. Come era? Nulla è per caso?
E infatti nulla era per caso, abbiamo fondato il CESI assieme al caro amico Diego Collini, tu presidente, questo ci eravamo detti. Dopo un paio di anni hai chiesto aiuto e mi hai passato la presidenza, è stato così, abbiamo camminato fianco a fianco e sempre verso l’obiettivo comune: fare comunità, accogliere e sostenere, lavorare per la pace. Questo il tuo insegnamento più grande: non si costruisce la pace blaterando o facendo proclami, lo si fa rimboccandosi le maniche e agendo. Hai sempre creduto nella chiesa fuori dal tempio, questo ti ha creato più di qualche guaio ma la tua fedeltà a un progetto sincero, la tua cultura (la laurea in teologia, nel 2006 la laurea ad honorem come “imprenditore di solidarietà” dall’Università di Udine, i 30 anni di insegnamento a scuola) tutto questo ha fatto di te un vero e sincero operatore di pace.
Grazie Pierluigi, ci hai lasciato il Centro Balducci, i tuoi libri¹, gli stupendi convegni dove abbiamo potuto confrontarci con il Dalai Lama, con il Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel; Vito Mancuso, Massimo Cacciari e naturalmente il tuo amico don Luigi Ciotti.
Dovevo intervistarti e mantengo la promessa che mi ero fatta. D’accordo, sarà un‘intervista un po’ speciale.Inizio subito con il chiederti una riflessione sulla guerra e sulla pace
Riflettere ed esprimersi riguardo alla pace e alla guerra potrebbe sembrare scontato, da copione, specie da parte di alcuni, compreso il sottoscritto, facilmente identificabili in posizioni “pacifiste” (brutto termine per altro!).
A me pare invece sia importante riflettere, esprimersi, agire in continuità, possibilmente non in modo scontato, proprio perché la guerra è entrata nella normalità, alla guerra si è abituati, assuefatti. È questo vivere “come se” le situazioni non ci riguardassero che diventa noncuranza, conformismo, accettazione supina e fatalista, come se noi nulla potessimo se non essere spettatori, magari con qualche sussulto per fatti particolarmente cruenti o disumani. (…)
Personalmente dai primi anni ’80 ho cercato di impegnarmi sulla questione della pace che non è una fra le altre, bensì è decisiva, dirimente la cultura, l’etica, l’economia, la politica, le religioni, proprio perché, in ultima analisi riguarda la vita e la morte².Educare alla pace è dunque fondamentale per te, a partire dal tuo rifiuto per la violenza cosiddetta inevitabile.
È importante, pur nella complessità delle vicende umane e della storia, nelle tragiche smentite degli ideali di pace, ribadire la fiducia ragionevole nelle possibilità di bene dell’essere umano e l’impegno per favorire una cultura che le stimoli, le supporti, le aiuti a crescere e a svilupparsi, a rafforzarsi.
Ad esempio noi dimentichiamo che esiste un documento straordinario che è la dichiarazione di Siviglia del 1986 dove neurofisiologi, etologi, psicologi, antropologi, studiosi di scienze sociali e naturali, con importanti adesioni prestigiose come quelle dell’American Psicology Association, hanno affermato che la violenza non è per niente naturale. “E’ scientificamente sbagliato dire che abbiamo ereditato dai nostri antenati una tendenza a fare la guerra. La guerra è un fenomeno tipicamente umano e non ha luogo negli altri animali; è biologicamente possibile, ma non è inevitabile … È scientificamente sbagliato dire che qualunque comportamento violento sia genericamente programmato nella natura umana. Eccettuate rare patologie i geni non producono individui necessariamente predisposti alla violenza né determina l’opposto”. Molto dipende dunque dalla cultura in cui si nasce, si cresce, di vive, si decide.
Questo chiede a tutti un arduo impegno, nella consapevolezza che non basta dire no alla violenza nelle due diverse forme, alla guerra, agli armamenti la cui produzione aumenta con costi spaventosi, ma è necessario impegnarsi a livello personale, relazionale, comunitario, sul piano culturale, etico, istituzionale, politico, nella distinzione non separazione degli ambiti: una casa non è una scuola e un’aula scolastica non è un Consiglio comunale o regionale.
È importante che ci si educhi alla pace diversamente in ciascuno di questi luoghi, sottolineando la grande opportunità dell’esperienza scolastica per la conoscenza, la coscienza, la responsabilità³.Tu hai sempre proclamato la pace e hai affermato che la guerra è immorale. Hai sempre proclamato l’importanza del comandamento “non uccidere”, intendendo con questo la ferma scelta del rispetto della vita umana.
Ti rispondo con le parole di don Primo Mazzolari, che ho sottoscritto e fatto mie tante volte: “Tu non uccidere vuol dire esattamente questo: Tu non uccidere. La guerra è sempre criminale, è sempre mostruosamente sproporzionata, è una trappola per la povera gente, è antiumana e anticristiana, è una inutile strage. Esiste la guerra difensiva? Da secoli, si da retta alle giustificazioni dei belligeranti, non esistono aggressori … si difende il bene comune … tutti difendono gli stessi beni, che non sembrano veramente tali se non grondano sangue. Gli uni e gli altri vantano mille ragioni, le quali sono una maschera dietro chi si nascondono le ipocrisie interessi e cupidigie di dominio e di ferocia. Cadono quindi le distinzioni tra guerre giuste e ingiuste, difensive e preventive, reazionarie e rivoluzionarie.
Ogni guerra è fratricidio, oltraggio a Dio e all’uomo. O si condannano tutte le guerre, anche quelle difensive e rivoluzionarie, o si accettano tutte. Basta una eccezione per lasciar passare tutti i crimini.”
C’è una storia per lo più sconosciuta di migliaia di disertori: spesso sono stati bollati come traditori; in realtà tante volte hanno espresso il loro orrore nei confronti della guerra. Perché non diventare tutti disertori rispetto a tutte le violenze, i terrorismi, le guerre? Non comporterebbe questa scelta diventare veramente donne e uomini umani? Non è forse questa l’unica grande e profonda esigenza da vivere e diffondere?4Ci lasci un’ultima frase per salutarci?
La giustizia e la pace “ci stanno a cuore”, non possiamo essere indifferenti, non possiamo non esserci, non prendere la parola, non esprimere lo sdegno per le ingiustizie e le violenze che con diverso nome provocano morti, feriti, distruzione. Non possiamo sottrarci: la pace è possibile, quindi doverosa per tutti.5
Caro Pierluigi, ho attinto ai tuoi libri, mi hai risposto comunque, diffondo queste tue parole perché tu continui ad esserci maestro, compagno, amico. Su queste tue parole dobbiamo continuare il tuo percorso, il nostro percorso.
Grazie, Mandi!1] Ricordiamo tra gli altri: Nel cuore dell'umanità, storia di un percorso (2006), Questo straordinario Gesù di Nazaret (2010), Io credo. Dialogo tra un’atea e un prete (con Margherita Hack, 2012), Don Lorenzo Milani nella mia vita di uomo e prete (Alba Edizioni 2017), Non girarti dall’altra parte. Le sfide dell’accoglienza (Nuova Dimensione 2019), Per un dolore umano (con V. Di Piazza e L. Orsi, Nuova Dimensione 2020).
2 Tratto da Assuefatti ad uccidere, 11 ottobre 2002 in Pierluigi Di Piazza, in Prendere a cuore, Centro di Accoglienza Balducci editore, Udine, 2004, pag 405
3 ibidem
4 La falsa necessità della guerra, 28 novembre 2003 in Prendere a cuore, Centro di Accoglienza Balducci editore, Udine, 2004, pag 476 5 La falsa necessità della guerra, 28 novembre 2003 in In cammino per la pace, 31 dicembre 2003 in Prendere a cuore, Centro di Accoglienza Balducci editore, Udine, 2004, pag 621