Ciclicamente ritorna l’estate e la scuola volge al suo termine. Per i più piccoli ci sarà ancora tutto il mese di giugno, per gli altri gradi di scuola siamo agli sgoccioli.
Osservo i bambini della scuola primaria recarsi a scuola con il Pedibus, nel mio piccolo paese è attivo. Alcuni hanno lo zainetto con le rotelle, altri, quelli di quarta o quinta portano in spalla il peso dei libri. Tanti libri, troppi mi viene da dire.
Vedi i loro volti gai, quasi tutti sono ciarlieri anche alla mattina presto, si raccontano un sacco di cose per via, ridono, scherzano. Arrivando davanti alla scuola si apre un altro scenario, del tutto differente. Non occorre dirlo che solo una piccola parte di bambini e bambine vanno a piedi, la maggioranza viene trasportata fin sulla porta con la macchina, spesso SUV altamente inquinanti.
Sposto l’attenzione su alcune scuole primarie di una città un po’ più grande ma lo scenario non cambia, macchine fin davanti al cancello e mamme (la stragrande maggioranza sono donne) si caricano in spalla lo zaino del figlio e lo portano fin dentro l’aula.
I volti di questi bambini sono annoiati, un po’ più tristi, quasi immusoniti.
Alcuni (e non sono pochi) hanno in mano il cellulare.
Sono banalissime osservazioni, con tutta probabilità non vogliono dire nulla ma proprio a pelle si percepisce una grande differenza tra chi viene “trasportato” a scuola e chi a scuola ci va con le sue gambe.
C’è un’aria differente, uno sguardo più attento, mi verrebbe da pensare una voglia di versa di entrare in classe.
Forse mi sbaglio, forse quelli “trasportati” sono meno stanchi ma, considerando che il cortisolo si attiva al risveglio, credo che i bambini abbiano una ottima riserva che consenta loro di avere energie sufficienti sia per andare a scuola a piedi che per seguire poi le lezioni con gioia e passione.
Con le scuole secondarie le cose cambiano di molto, ragazzini e ragazzine sembrano tristi, la mattina. Manca l’entusiasmo, manca la voglia di trovarsi, se parlano tra di loro li senti parlare di debiti, dei prof che sono una vera pizza, sembrano votati al patibolo più che a una giornata di studio.
Che tristezza vederli intenti a smanettare sull’iPhone, sguardo a terra e poco entusiasmo.
Mi verrebbe da dire: “Ragazzi, la scuola sta finendo, avete l’estate davanti, divertimento, uscite con gli amici, un bel tempo sereno, qualche campo estivo”. Ovviamente non dico niente, ripenso all’atmosfera che si percepiva nell’aria alla vigilia delle vacanze. Ricordo odori più intensi, ebbrezza quasi e quel lento tornare da scuola trascinando il borsone come fosse stato il fardello di tutto l’anno, con esagerazione, ma sempre ridendo e scherzando con i compagni e le compagne che condividevano un pezzo di strada.
I nostri ragazzi sono spinti alla produzione e chi non ce la fa, chi si porta a casa alcuni debiti si sente sminuito, di valere poco, di non essere adatto. Per non parlare di chi viene bocciato. Una tragedia.
La fine di un anno scolastico dovrebbe energizzare, anche se c’è qualche materia da riparare.
Come possiamo fare iniezioni di energia, di fiducia, di aspettative per il futuro che siano sincere, belle, con tanti errori che si devono fare altrimenti non si cresce?
Si aprono domande molto importanti, ci vuole un mondo adulto che le raccolga, c’è bisogno di ripensare la scuola, dal di dentro, dal basso.