Articolo del 25 giugno 2023

LA RETE NON È UN MEDICO, NÉ UN PEDAGOGISTA!

Torno sull’annoso problema della consultazione della rete per la ricerca di notizie o di materiali riguardanti la nostra salute.
Ho raccontato un paio di settimane fa di quella mamma che si era fatta la diagnosi di disforia di genere semplicemente cercando su Internet. La signora era in ansia e come abbiamo visto ha preso un grosso granchio.
Torno su questo argomento perché in questi giorni il tema si è riproposto, a dire il vero non è un caso isolato, almeno quattro o cinque genitori me l’hanno posto negli ultimi mesi. Mio figlio può essere autistico?
Si tratta di genitori di bambini molto piccoli, al di sotto dei due anni di vita.
Le educatrici del nido segnalano alcuni comportamenti da tenere d’occhio come alcuni movimenti stereotipati, l’imbarazzo di fronte a più persone, il desiderio di stare tranquilli, la difficoltà a distaccarsi dal genitore la mattina, la predilezione del piccolo gruppo rispetto a quello più grande, la selezione di alcuni cibi.
Questi comportamenti possono derivare da molti motivi e ogni bambino è un universo a sé.
Si è portati subito a pensare a qualcosa di brutto, siamo immersi nella cultura del disagio e l’ansia attanaglia la mente. Cosa si fa allora? Prima di parlare con il pediatra o con il pedagogista, prima di leggere un buon libro che spieghi le fasi di crescita dei bambini, si digita su di un motore di ricerca la parola “bambino che si isola” oppure “movimento stereotipato” e si apre il mondo del possibile e dell’impossibile. Si scorrono tutti i siti senza verificare la loro attendibilità, si incontrano chat dove persone qualsiasi raccontano esperienze o danno consigli. Capita spesso che il genitore si imbatta nel terribile termine “autismo” e da lì la frittata è fatta.
Il genitore alimenta il suo film e indossa occhiali deformanti, ogni azione del figlio viene letta come possibile manifestazione della sindrome. Non occorre dire quel che accade nella relazione genitore bambino: nulla è più naturale e sembra che la paura prenda il sopravvento.
Mi sono capitati molti casi del genere, qualcuno più complicato degli altri. Per tutti si è trattato semplicemente di aspettare.
E di cambiare gli occhiali erroneamente indossati.
È vero che ci sono delle tabelle di osservazione sull’infanzia, da quelle di crescita ponderale a quelle legate allo sviluppo cognitivo e relazionale ma il range è molto alto. Ogni bambino cresce a modo suo e, a meno di casi gravi (un bambino che non cammina oltre i due anni, che non spiaccica parola a tre e così via), tutti si allineano.
I bambini poi hanno temperamenti diversi, qualcuno è un buontempone e qualcun altro è timido e riservato.
Non sto dicendo che in assoluto non esiste la sindrome autistica, lungi da me, sto dicendo solamente che è necessario dare fiducia ai bambini e alle bambine, aspettare che maturino, non continuare a fare paragoni come ci fosse una linea retta che determina al millesimo gli stadi di crescita.
Le educatrici fanno bene a sottolineare alcuni comportamenti anomali, è importante che il genitore sappia come vive al nido il suo bambino, è altresì vero che osservare un determinato comportamento non significa immaginare una patologia.
Faccio un piccolo esempio: un bambino fa molta fatica a staccarsi dall’adulto, di fronte a richieste o piccoli richiami piange disperato. Parlando con i genitori si scopre che il bimbo, 26 mesi, è ancora allattato. Ogni volta che vive una piccola frustrazione a casa cerca il seno, la mamma glielo offre esattamente come faceva quando il piccolo aveva tre mesi.
Il problema era chiaro: il bambino non riusciva a staccarsi dalla madre e non aveva sufficiente fiducia nelle sue capacità, non accettava la frustrazione e faceva molta fatica a tirar fuori le sue risorse interiori, c’era la mamma che risolveva ogni questione anche quella emotiva, il seno consolava tutto.
Trascorsi un paio di mesi dal distacco dal seno il bambino ha vissuto una vera e propria evoluzione, cambiato nel relazionarsi con gli altri, più sicuro di sé, ha iniziato a parlare con parole ben definite. Per quel bambino essere ancora allattato significava sentirsi più piccolo di quello che era, non comprendeva le richieste del mondo adulto.