Prima scena: C. quattro anni, sta giocando nella sua cameretta, è intento a costruire un’astronave con i mattoncini LEGO. Rincasa il papà e dopo i soliti saluti – abbraccione con scalata del grande papi, salita in groppa e richiesta di giocare assieme, - se lo porta in cameretta per continuare il gioco. Il papà osserva la costruzione poi interviene provando a collocare un mattoncino e il bimbo lo redarguisce: “no papà, non vedi che non può andare bene lì? Attiva il cervello”.
Il padre rimane attonito, attivare il cervello, da dove arriva quella espressione? Ma continua a giocare con C. come nulla fosse e intercetta lo sguardo della moglie che sorride sotto i baffi.
Seconda scena, C. gioca con la sua cagnolina in giardino, i genitori stanno facendo un po’ di potature mentre la cagnolina è diventata una fantomatica compagna di lanci che non capisce come prendere in bocca un rametto. C. lo spiega due tre volte poi rivolgendosi all’animale la rimprovera: “Bali, devi attivare il cervello, è possibile che non capisci niente?”.
Mamma e papà si guardano e perplessi si dicono che il bimbo sta imitando qualche adulto che ripete più volte la frase ai bambini. Non è la prima volta che C. la utilizza, con tutta probabilità l’ha sentita alla scuola dell’infanzia e ora la usa come un mantra, forse il suono gli sembra bello, i bambini fanno così.
Terza scena, C. è a tavola con i suoi genitori, è ora di cena, il clima è tranquillo, ognuno racconta un pezzettino della sua giornata, C. è stranamente silenzioso si vede che sta rimuginando qualcosa, infatti, dopo una manciata di minuti si rivolge alla mamma e le dice: “Mamma scusa, cosa è il cervello?”.
Non so come se la siano cavata i due genitori, di sicuro la riflessione che possiamo fare è legata alle parole che dirigiamo nei confronti dei bambini e delle bambine.
C. ha fatto quello che ogni bambino fa ovvero ha ripetuto parole udite più volte, le ha usate evidentemente come un richiamo. Sembra piuttosto palese che nel contesto in cui le ha ascoltate sono stare utilizzate per spronare alla riflessione, all’elaborazione del pensiero, all’attivazione di determinate dinamiche.
I bambini potrebbero sentirsi richiamati in maniera negativa e confondere la frase “attiva il cervello” con “sei stupido, non sai fare le cose”.
E’ stata fantastica la domanda: “cosa è il cervello?” a quell’età non si vede il cervello, non si sa che cosa sia e a che cosa serva ma si va per intuito.
La lezione da fare agli adulti che hanno utilizzato tali frasi sarebbe molto semplice: ogni bambino attiva il cervello nella misura in cui l’adulto gli consente di farlo.
Spesso la richiesta di “pensare sugli agiti” è inopportuna proprio per la incapacità di un bambino di sapere che sta pensando e di collegare azioni a pensieri.
Un po’ di sano studio sulla plasticità del cervello e sulle potenzialità neurocognitive infantili servirebbe a più di qualche adulto.
Il bambino attiva il cervello sempre e quasi sempre in maniera splendida, peccato che noi grandi non siamo in grado di percepire tanta bellezza e di considerare le vere attivazioni che nella maggior parte dei casi sono di tipo neuromotorio. Un bambino salta e il cervello registra tale competenza mettendola dentro la cassetta degli attrezzi; una bambina afferra una palla e il cervello si attrezza per quella funzione, un bambino impara che l’arancione è fatto di giallo più rosso e avanti di questo passo.
Il cervello è sempre attivo è un vero peccato sollecitare fuori luogo le sue funzioni.